Il carnevale di Venezia nasce nel secolo dei lumi. Infatti il settecento è il periodo della leggerezza, delle feste galanti, dei personaggi raffinati e pieni di gusto, degli amori stuzzicanti e proibiti; all’austerità dell’epoca precedente si sostituiscono una leggerezza, un bon ton, un’eleganza fine e manierata. E Venezia ormai alla fine del suo splendore non poteva che essere alla pari della corte di Versailles. Per emergere non basta più avere un bel nome e un bel patrimonio: ci vogliono spirito, cultura, senso dell’umorismo, gusto per la conversazione; i salotti intellettuali alla moda sono tenuti da donne eccezionali, di bella presenza, ma soprattutto colte, brillanti, spiritose, capaci di ricevere tra un cioccolato e un caffè illustri musicisti, filosofi, poeti, pittori. Casanova, Goldoni, Pietro Longhi, Grossi, Tiepolo sono i più noti animatori della vita culturale della città.
Il Carnevale di Venezia moderno, un evento che trae le sue origini nel Medioevo, ma che in questo periodo trova il momento di più grande fulgore, vede la nobiltà veneziana, ma anche il popolo occupati anche per parecchi mesi nell’organizzare incontri, balli, spettacoli pirotecnici, scherzi e lazzi.Per spostarsi da un palazzo all’altro, da una calle ad un campiello i nobili sia donne che uomini usavano un indumento tipicamente veneziano, il domino, un mantello di seta nera, con largo cappuccio e mantellina incorporati.
Il domino si accompagnava alla maschera a muso di cane detta bautta, di velluto nero, che veniva indossata per mantenere l’incognito, quando ci si recava al ridotto a giocare o a vedere una commedia a teatro o per far visita a qualche parente monaca in un convento. Il domino e la bautta permettevano incontri galanti, sotterfugi, scherzi anche pesanti che poi venivano commentati nei salotti e qualche volta puniti dalle severe leggi della Repubblica.
Durante il carnevale di Venezia era comunque più facile trasgredire, i controlli dei magistrati erano meno severi, per cui è facile intuire come spesso nelle commedie di Goldoni che per certi versi sono ancora attualissime si verifichino situazioni di incomprensione, di sotterfugio, di cambio d’identità che il carnevale senza dubbio favoriva anche nella vita pratica.
Indimenticabili sono alcuni severi censori delle nuove usanze come i Rusteghi o la furbizia di Arlecchino tutta tesa com’è alla sopravvivenza.